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martedì 18 dicembre 2012

Tutto parla di te



Tutto parla di te è un film sull’essere madre, difficoltà comprese. Di Alina Marazzi, la regista, avrei voluto scriverne già nel libro La solitudine delle madri, ma venni a conoscenza del suo lavoro in ritardo. Ho rimediato in Reclusioni di corpi e di menti e nel capitolo Luci e ombre della maternità, di Alina Marazzi ho scritto: “La regista racconta nel documentario Un’ora sola ti vorrei, la storia di sua madre, Liseli Hoepli, che si era suicidata a trentatre anni. Attraverso le lettere, le fotografie, i diari, i video di famiglia, ricostruisce la storia di Liseli, nata in una famiglia dell’alta borghesia milanese. Quando, dopo il matrimonio e la nascita dei due figli, sprofonda in una forte depressione, il suo malessere viene confuso con il capriccio di una ragazza. Eppure, osservando con un po’ d’attenzione lo sguardo della donna, emerge forte la discrepanza tra il contesto esterno nel quale è inserita: spazi ampi, giardini curati, abiti eleganti, benessere, e ciò che quegli occhi raccontano. Le massicce inquietudini di cui aveva sofferto in adolescenza, invece di allentarsi nell’età adulta, si erano amplificate con la maternità. Il senso di inadeguatezza che sentiva come madre era diventato schiacciante: una delle crepe impossibili da riparare. Fino al gesto estremo.Quando Alina Marazzi ha realizzato il documentario - nel 2002 - aveva trentasette anni: età nella quale diventa urgente fare i conti con la propria storia. Lei lo ha fatto in modo struggente, mettendo insieme i pezzi sparsi della storia di sua madre, ridandole vita. Per fare questo ha riaperto armadi chiusi che contenevano i filmini del nonno, diari e memorie e ombre. E’ andata a cercare, non ha avuto paura di vedere, oppure ha invece avuto una paura terribile, meno forte però del suo bisogno/desiderio di capire. Nel documentario è Alina stessa che presta la voce a sua madre e, dopo averlo realizzato, è diventata lei stessa madre. Forse non l’aveva desiderato fino a quel momento, o forse, prima di proiettarsi nel futuro, ha sentito la necessità di ricomporre le sue origini.Come accade spesso, quando una donna inizia a pensare un figlio, a desiderarlo, rimette in gioco la propria storia di figlia e, in quella partita, riemergono i contenuti della relazione con chi l'ha messa al mondo e dei colori - lievi o cupi - che hanno caratterizzato quella relazione".



giovedì 29 novembre 2012

Più libri più liberi


Sabato 8 dicembre sarò a Roma a Più libri più liberi. Chi desidera chiacchierare con me sui temi dei libri: La solitudine delle madri e Reclusione di corpi e di menti (ma non solo eh! Anche di viaggi, di scarpe, di buon cibo, della pioggia, e di qualunque cosa  sia bello condividere) non dovrà fare altro che venire allo stand della Magi edizioni. Nel frattempo cerco anche di capire l’ubicazione dello stand all’interno della fiera e nei prossimi giorni scriverò indicazioni più precise. Vi aspetto!

giovedì 13 settembre 2012

Bologna, 21-22 settembre

Art Therapy Italiana, per i 30 anni di attività, ha organizzato due giornate dense di eventi. Per chi vive a Bologna e dintorni, e desidera  tuffarsi nella creatività, è un’esperienza notevole. Bè, io sono di parte perché ad Art Therapy ho studiato. (E’stata una fra le migliori scelte della mia vita, potrei essere obiettiva)?

Copertina

Qualche giorno ancora prima di riempirmi di pagine: una sull’altra, tutte ordinate, numerate, corrette e ricorrette. Quando saranno pronte le abbraccerò strette e farò il mio dovere.  Andrò  in libreria e mi lascerò guardare, toccare, valutare.  Per ora me ne sto qua, libera, con le ali spiegate.

giovedì 30 agosto 2012

Gestazioni

Oltre al libro di Thomas Bernhard di cui vi ho parlato nel post precedente, un altro fattore è stato determinante per scrivere il mio. Diventare nonna. Quando ho saputo che un bimbo (anzi…una bimba) era in viaggio, per alcune ore i miei neuroni sono andati in tilt per la scossa emotiva. Articolare un pensiero era impresa impossibile e ho trascorso una giornata intera in quelle condizioni. Poi, la nebbia è sfumata, e il primo pensiero lucido  è stato: “Devo terminare il libro prima che il bambino nasca”. Può, secondo voi, una donna che ha a lungo scritto e lavorato sulle ombre materne, defilarsi dall’essere nonna con la scusa che ha un libro da terminare? No, non può, non deve, e soprattutto, non vuole. E quindi mentre Emma cresceva nella pancia di sua madre, la gestazione del libro è stata portata a compimento.  Per chi, a proposito di creatività, desiderasse una lettura un po’ meno …terra terra di ciò che ho appena scritto, troverà qui una bella sintesi.

giovedì 23 agosto 2012

La gestazione, le coincidenze, gli incontri

Lessi  la recensione di un libro di Thomas Bernhard e l’unica cosa che pensai fu che era la prima volta che sentivo parlare di quello scrittore. Nei giorni successivi mi capitò di incrociare il suo nome in alcuni blog letterari e su Tuttolibri. Pareva fossi l’unica che non lo conoscevo. Mi incuriosii. Cercai dunque un libro di Thomas Bernhard, con la speranza che, come mi era successo con altri autori, aprisse la strada a tutta la sua opera a me ancora sconosciuta. Non accadde. Infatti ricordo a malapena il titolo, forse La cantina, ma ciò che ricordo bene è che a pagina 30 pensai: “Perché continuare? Con tutti i libri che ci sono e che non riuscirò a leggere in tutta la vita”. Tuttavia mi incuriosì il fatto che una frase ricorreva più volte, una frase in corsivo che trovava più collocazioni man mano che la storia procedeva. Dunque mi piacque poco il libro ma molto l’idea, e cominciai a rifletterci su. La parola “reclusioni” del titolo del mio libro è nata così. Pensando che sarebbe piaciuto anche a me usare un espediente simile. Invece di una frase una parola sola, ma una parola che potesse avere risonanza in tutti i capitoli. Perché fu a quel punto che pensai che avrei suddiviso il libro in capitoli diversi in base a ogni argomento, e che la parola reclusione (che mi frullava in testa da un po’ riflettendo sulla reclusione dei modelli del corpo), ha una connotazione negativa quando la subiamo, ma che può essere una cosa bella se è una scelta. Alla fine dunque ho scritto partendo dalla reclusione, ma tenendo ben presente la parola libertà. Sono stati fondamentali gli incontri con donne di uno spessore notevole che mi hanno narrato le loro storie. Senza il loro aiuto questo libro non sarebbe mai nato. Sono state generose e  autentiche e si sono fidate a raccontare a una perfetta sconosciuta quanto di più intimo e difficile avevano attraversato o stavano vivendo.  Dopo, ho ripreso le loro parole e le ho cucite insieme a mie riflessioni. Tutto qui. Grazie Thomas Bernhard, ma soprattutto grazie a Giuliana che è fuggita dalla violenza, Sara che è scesa a patti con il suo corpo, Francesca che, uscita dal buio della maternità, non intende dimenticare, Veronica e la sua ironia sui 50 anni, Irma che è uscita dal monastero, e Ida che ci è entrata,  Francesca e le sostanze, Chiara e i segreti di famiglia. Grazie a Bruno, che ha lavorato tutta la vita in manicomio, e che non solo mi ha raccontato, ma mi ha accompagnata in quelle stanze vuote. Vuote di persone, ma colme di terribile memoria.

lunedì 20 agosto 2012

I cicli della creatività

Dopo La solitudine delle madri sentivo che avevo ancora qualcosa di urgente ( urgente per me, naturalmente) da dire.  Tuttavia, quando pensavo al tema sul quale scrivere, ciò che mi veniva in mente, mi convinceva solo in parte. Avevo pensato di scrivere sul tema del corpo, sui modelli di donna (pochi, stereotipati), ma quando dal pensiero passavo all’azione, e prendevo appunti, mi documentavo, scrivevo, ciò che veniva fuori non mi piaceva abbastanza da pensare a una pubblicazione. Mi trovavo dunque in una situazione inedita: avevo un editore, che sapevo  che avrebbe preso in considerazione ciò che stavo scrivendo, e le parole erano pigre, poco incisive. Tenendo conto del fatto che nel mio lavoro mi occupo anche di creatività, sapevo che stava succedendo qualcosa di consueto: dopo un libro che ha avuto un buon riscontro, ci si accosta a un altro con molto più timore. Inoltre la creatività stessa ha dei cicli di espressione che si alternano a cicli di chiusura,  di introspezione, e che non dovevo far altro che attendere, e avere fiducia nel fatto che il processo creativo avrebbe trovato per conto suo la strada per prendere forma. Ho atteso per quasi due anni, e fare i conti con quell’attesa ha richiesto l’apprendimento di quella cosa chiamata disciplina. Più volte ho pensato che non ero affatto obbligata a scrivere un altro libro, che non avevo firmato alcun contratto che mi vincolava ad alcunché, tuttavia la tensione era forte, poiché  mentre mi dicevo tutte quelle cose di buon senso, sentivo in modo forte la pressione a scrivere. Ma non sapevo cosa. Ora, non è che io stia scrivendo qui tutto ciò perché penso che possa essere interessante, per chi legge, conoscere la gestazione del libro, penso invece che ciascuno di noi faccia i conti con il processo creativo nelle varie forme di creatività che possiede: dipingere, cucinare, coltivare l’orto, fare la maglia, cantare, danzare. Vivere soprattutto.( La creatività del vivere è la creatività più potente che c’è).  Poi sono accadute due cose: l’incontro con un libro, e la notizia che sarei diventata nonna. Entrambe le cose sono state fondamentali per sbloccare le parole. Vi racconterò come e perché.

venerdì 17 agosto 2012

Donna alla finestra, Caspar David Friedrich

Sto girando da un po' intorno alle parole, ma nessuna di loro mi convince. Inutile fare programmi ora su quale forma prenderà questo blog. Lascio spazio all'immagine, che è stata scelta dall'editore, ma che ho sentito da subito calzante al libro. Questo sarà uno spazio nel quale racconterò com'è nato, gli incontri incredibili e preziosi con le donne che ho intervistato, i luoghi inconsueti nei quali sono approdata. Ma più che altro mi piacerebbe che anche questo blog diventasse un viaggio intenso come è stato La solitudine delle madri, e che insieme riflettessimo su quante gabbie, visibili e invisibili, ci complicano la vita. Eravamo partite dalla madre perfetta, quella mai stanca, né dubbiosa o ambivalente, e direi che abbiamo dato il nostro contributo a renderla più autentica, con le sue fragilità, e le sue giornate no. Ma la maternità è solo una parte della vita di una donna, esistono molte altre aree nelle quali il rischio di gabbie e reclusioni è alto. Ne parliamo?