lunedì 1 ottobre 2012

Vita in clausura

Uno dei capitoli del libro è dedicato alla vita in clausura, e il mio desiderio era quello di intervistare una donna che avesse vissuto l’esperienza  e poi ne fosse uscita. Mi interessava “quel” punto di vista. Ma a libro praticamente terminato nessuna tre le persone che conosco e che molto hanno collaborato a trovare le testimonianze degli altri capitoli, poteva essermi d’aiuto. Stavo, a malincuore, rinunciando, quando ho incontrato un’amica che non vedevo da tempo. “A che punto è il libro”? mi domanda, e io “Quasi terminato, mancherebbe ancora una testimonianza, ma non sono riuscita a trovarla”. Cinque minuti dopo avevo la mail di Irma, che ha vissuto 16 anni in monastero, e il giorno dopo la sua disponibilità a raccontare la sua storia. Irma è l’unica persona che non ho incontrato direttamente, e non perché non lo desiderassimo entrambe, ma la distanza geografica e i tempi di consegna del libro, ci hanno fatto decidere di lavorare via telefono o via mail. Irma sa usare bene le parole, e dunque scrivere la sua storia è stato molto semplice. Una storia intensa, nella quale narra le motivazioni che l’avevano spinta a chiudersi in monastero e poi a uscirne. C’è una frase, fra le tante sue che mi piacciono, che desidero riportare qui perché è una delle cose che voglio coltivare con tenacia: “Mi è rimasto addosso l’uso parco delle parole, una propensione a non perdere tempo con ciò che non è necessario”.

2 commenti:

  1. Accidenti...l'uso parco delle parole sarebbe per me un'ottima medicina! :))

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    1. La frase, di Irma, che non ho modificato nemmeno in una virgola, mi aveva fulminata. Medicina utile anche a me....

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